"Siamo capaci di immaginare le cose perché le ascoltiamo e le raccontiamo, questo ci permette di immaginare di nuovo, migliorare, ricreare." intervista a Giuseppe Jepis Rivello - Emmetag

 

Giuseppe Jepis Rivello, design thinker e filmmaker. Com'è nata la passione per la comunicazione?

      Ciao. Innanzitutto grazie. Design Thinker e Filmmaker sono due etichette molto flessibili ed al momento sono quelle che mi rappresentano meglio. A me piace creare e ricreare ambienti dove le persone danno sfogo alla loro creatività per risolvere problemi e per comunicare meglio. Amo raccontare storie perché nelle storie ci sono informazioni che stimolano la nostra immaginazione e perché attraverso le storie completiamo la nostra esperienza in questo mondo. I processi di comunicazione funzionano meglio grazie alle storie. La comunicazione è empatia e le storie sono energia per l’empatia. Una storia può suggerire una soluzione, può farci sognare e creare le condizioni per immaginare nuove storie. Comunicare è un dono e noi dobbiamo esserne consapevoli. Per definire il mio lavoro metto in fila tre parole: Crea, racconta ricrea. Siamo capaci di immaginare le cose perché le ascoltiamo e le raccontiamo, questo ci permette di immaginare di nuovo, migliorare, ricreare. Direttamente o indirettamente. L’innovazione segue questo schema.

Lavori a Cip e da Cip (Caselle in Pittari, ndr) nel Cilento dove hai creato una Bottega. Che si fa nella Bottega Jepis?

      Ho il privilegio di essere nato a Caselle in Pittari e di poterci lavorare. Ed ho il privilegio di essere una delle spighe del Palio del Grano nato a Cip ormai quindici anni fa. Cip non è solo l’acronimo di Caselle in Pittari, per me significa anche altre due cose: Caselle Innovation Place e Caseddi Ind’a Pignata. Abbiamo bisogno dei nostri luoghi e loro di noi. La mia bottega è il luogo da cui parto e dove ritorno. Ogni giorno, andando lontano, oppure restandoci per dodici ore a lavorare. Una delle grandi opportunità del web è anche la possibilità di svolgere molte delle attività lavorative che ci coinvolgono oggi in una modalità “remota”, non in presenza. Questo ci permette anche di lavorare dove viviamo e non più solo viceversa. Bottega Jepis è un luogo dove io passo gran parte delle mie giornate. É il luogo dal cui ti sto scrivendo ed è anche il luogo dove vengono discusse molte delle idee che ho la fortuna di far diventare realtà. É anche un luogo in cui si realizzano attività di ideazione e di modellazione di idee di business, di innovazione sociale e culturale. Un luogo dove si divulgano contenuti come documentari, cortometraggi oppure libri. Da qualche mese, grazie alla complicità di Vincenzo Moretti è nata anche la Bottega Letteraria che ogni mese ci permette di portare autori ed autrici a presentare e discutere i loro lavori.

Like a coffee, un progetto ambizioso di cui fai parte. Perché la digitalizzazione può migliorare il mondo in cui viviamo e cosa può fare per le realtà rurali?

      Like a Coffee è un progetto al quale devo molto. Grazie a questo progetto ho la fortuna di confrontarmi, tutti i giorni, con una community di persone che crea strumenti digitali. Sviluppatori di codice, Business developer, Designer che lavorando da diversi angoli d’Europa danno vita ad un progetto ambizioso che vuole dare una mano al processo di digitalizzazione che tutti stiamo vivendo. Immaginare come la tecnologia può aiutarci è il mio compito. Contribuire alla creazione di processi che tengano l’uomo e i suoi bisogni al centro. La digitalizzazione è un processo che investe tutti e rompe molti schemi che fino a questo momento ci sono sembrati rigidi e poco malleabili. Le aree rurali, in questo scenario, hanno nuove opportunità da cogliere ma non dobbiamo dimenticare che servono uomini e donne consapevoli. Abbiamo bisogno di costruire competenze ma anche di alimentare visioni del mondo innovative e autentiche in cui la digitalizzazione si innesta in maniera sostenibile con quanto abbiamo bisogno di salvare e preservare. Digitale non vuol dire solo comunicare meglio e di più. Digitale vuol dire anche gestire meglio e più dati. I dati producono conoscenza e la gestione della conoscenza deve alimentare visioni di lungo periodo. Dovremmo chiederci sempre di più come immaginiamo i nostri territori nel 2030. Chiederci come le tecnologie di oggi possono aiutarci a realizzare i nostri sogni, dobbiamo fare questo interrogando tutti coloro che amano queste terre, figli naturali e di adozione e mettere a sistema le nostre competenze.

Tra le tante attività da ragazzo di bottega, come ami definirti, curi un blog su Nòva de Il sole 24 ore in cui ti occupi di Storie di Bottega. Quali sono le storie da raccontare?

      Si, ho la fortuna di scrivere le mie Storie di Bottega su Nòva. Ho dedicato questo blog a coloro che creano, raccontano e ricreano l’Italia. Le storie da raccontare sono quelle che offrono pezzi di valore da condividere. Le storie di tutti coloro che in questo paese, grazie alla passione ed all’esperienza producono materialmente e immaterialmente quello che ci serve per andare avanti e vivere meglio. Storie di artigiani che lavorano il legno, il ferro, il latte, la farina, ma anche il codice, l’aria e i fotogrammi. Anche coloro che attraverso la loro opera fanno riflettere. Si, perché una delle cose che dobbiamo tornare a fare è riflettere, discutere, elaborare e stimolare.

Una frase di Haasandi Basra recita "Un maestro è come una piscina in cui si può imparare a nuotare. Una volta imparato l'intero oceano è vostro". Il tuo maestro di Bottega uMastru a cui tu continuamente fai "lo stato dell'arte". Quanto sono stati importati i tuoi maestri per affrontare l'oceano della comunicazione in una società postmoderna?

      Ho avuto la fortuna di avere tanti Maestri ed ho la fortuna di averne ancora al mio fianco. Lavorare fianco a fianco con il tuo maestro, è questo che auguro a chi ha voglia di crescere. Cresciamo quando c’è qualcuno che ci stimola e ci insegna un pezzo di mondo. Cresciamo quando diventiamo capaci di completare quel pezzo di mondo grazie alle nostre abilità. Credo che si è maestri solo quando si è sempre allievi. Sono grato ai miei maestri non tanto per quello che mi hanno detto ma più per quello che hanno taciuto al momento opportuno. 

intervista raccolta per Emmetag da Maura Ciociano

scatto e video sono stati gentilmente concessi da Giuseppe Jepis Rivello