BILANCI: TRA VECCHIO E NUOVO ANNO - Emmetag

Questa settimana ci traghetterà verso l'anno nuovo. Verso un 2019 che si presenta, d'altronde come ogni nuovo anno, incerto. E partendo da Giano, che dà nome al primo mese dell'anno, se ci volgiamo verso un nuovo anno ne lasciamo alle spalle uno appena trascorso. Un 2018 molto particolare, segnato da forti scosse sociali, politiche ed economiche che sempre più diventano centrali in un discorso che intenderebbe volgersi al futuro con occhi critici. Con occhi tesi non a pronosticare un futuro di per sé incerto, come sacerdoti intenti ad interrogare auspici. Il simbolismo legato alla figura di Giano, che ci portiamo dietro anche se appartenente ad un mondo, quello pagano, che intendiamo superato e trascorso, deve imporci un tipo di ragionamento molto approfondito. Deve, cioè, portarci a volgere lo sguardo contemporaneamente al futuro e al passato perché il futuro può essere pronosticato se determinato nelle scelte e nelle azioni del presente. Questo passaggio che segna la fine di un anno e l'inizio di quello successivo, deve simbolicamente anche rappresentare un passaggio ad una condizione migliore rispetto a quella appena abbandonata.

Purtroppo oggi il mondo ci racconta tutt'altro. Se ascoltiamo telegiornali, report e leggiamo quotidiani, ci accorgiamo di come il mondo, pur procedendo verso un'innovazione tecnologica, tende a retrocedere ogni qual volta passi un anno e ne inizi uno nuovo. Se ci soffermiamo solo al 2018 capiamo come il mondo stia capitolando verso un triste epilogo. Dai dati sulla povertà emerge che 1 persona su 10 vive con meno di 2 dollari al giorno, e la distribuzione della ricchezza è sbilanciata a favore di porzioni piccolissime, dove l’1% detiene più ricchezza del restante 99% della popolazione mondiale. Questi sono soltanto i dati che riguardano la povertà, senza considerare quelle che sono le disuguaglianze sociali, politiche, economiche, fiscali che rendono buia qualsiasi proiezione verso il futuro. In questo caso possiamo rappresentare la divinità pagana Giano con occhi completamente bendati, che non riescono a guardare al futuro perché non capiscono il passato. Per il futuro sono evidenziate le necessità di meccanismi di rappresentanza dei cittadini e lavoratori, investimenti pubblici, sistemi fiscali progressivi ed equi e cooperazione tra Stati. Eppure avevamo incominciato il tutto in maniera sorprendente, sempre verso un'evoluzione costante della nostra specie, volta al benessere dell'uomo e delle civiltà che di volta in volta andavano costituendosi e sovrapponendosi, introducendo delle innovazioni che miglioravano le condizioni di vita.

I segnali d'insofferenza sono tanti, e il rischio che questi vengano strumentalizzati e fagocitati da spinte insurrezionali è dietro l'angolo. Anzi, potremmo dire al di là della frontiera. Perché il 2018 si chiude con la protesta, quella dei gilet jaune, che ha scosso fortemente l'Europa. E possiamo prendere proprio questa forma di protesta come pretesto per chiarire quanto e come possano - forme estreme d'insurrezione - inserirsi per agitare un normale corteo di protesta e convertirlo in lotta armata contro le forze dell'ordine e il governo presidenziale. Sottovalutare le statistiche e le povertà - perché le povertà sono plurali: vanno dalla povertà economica alla povertà di rappresentanza politica - significa bendarsi gli occhi senza più rivolgerli al futuro e dimentichi del passato. È trascorso un solo secolo da quando un crollo di borsa generò povertà e instabilità che suscitarono una reazione storica che ci ha consegnato le cicatrici di Hiroshima, Nagasaki e Auschwitz. Ripercorrendolo, questo 2018, è davvero incerto poter prevedere un 2019 diverso, anche se molte cose son successe. La sinistra, per esempio, vive una profonda crisi globale, e la vive, a mio modesto parere, proprio perché non è riuscita a risolvere le disuguaglianze e le ha abbandonate anche nei suoi discorsi, nei suoi congressi e nelle scelte politiche. Basta soltanto vedere che in Italia durante la scorsa legislatura, mentre a Palazzo Chigi governava il Partito Democratico, espressione della tradizione culturale della sinistra italiana, in piazza scendeva a protestare quel mondo che sarebbe dovuto essere rappresentato dalla Sinistra. La scuola, il sindacato, i lavoratori, gli studenti, i pensionati, cioè quel mondo per cui la sinistra nacque e per il quale ha da sempre combattuto. Più di ogni altro esempio, credo che quello italiano sia da sempre, storicamente, il palcoscenico in cui anticipatamente si esibiscono e vanno in scena le sorti che coinvolgeranno successivamente altri Stati. Infatti non diverse sono state le sorti elettorali ultime della sinistra in Germania e in Francia, dove l'enfant prodige Macron vive un momento turbolento a causa proprio della mancanza di attenzione verso la classe medio-bassa ancora vittima dell'ultima crisi economica. Se ampliamo lo sguardo, e come Giano ci volgiamo ovunque, vediamo che le difficoltà investono tutte le sigle dei partiti di sinistra, dall'America all'estremo confine dell'Europa con la Russia, dove ogni  principio liberal-democratico crolla sotto la forte pressione di una democrazia illiberale che vede Orbàn, Assad e Erdogàn fortemente allineati. In Ungheria Ornbàn, che regna a Budapest da otto anni e che nelle elezioni di Aprile ha conquistato il suo terzo mandato consecutivo, fiuta il vento politico e cerca di sfruttarlo fino in fondo. Leader indiscusso del gruppo di Visegrad, la fronda euroscettica dei Paesi dell'Europa centro-orientalecontro Bruxelles, trova estimatori non solo in Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca, ma, conquistata l'amicizia della Russia di Putin e dell'America di Trump, ha estimatori anche in Italia, in Francia e nei partiti di destra del Nord. 

“I migranti distruggeranno la nostra cultura, le nostre radici religiose”, questo è uno degli slogan che garantisce una comune visione d'intenti con i suoi estimatori. Una frase che serba una qualche verità. Perché se è falso che distruggeranno la nostra cultura, in quanto la nostra cultura è quella mediterranea che abbraccia anche la loro, è vero che sulle immigrazioni molti Stati hanno perso la loro religiosità nel rifiuto all'accoglienza e alla solidarietà. Ritengo che il futuro passi attraverso l'immigrazione. Attraverso una politica globale che si interessi a risolvere il tragico fenomeno delle immigrazioni prevenendole. In Turchia, dove Erdogàn a Giugno è stato rieletto presidente con un nuovo sistema costituzionale che gli conferisce poteri ampiamente rafforzati, l'immigrazione piuttosto che risolverla è stata tradita. Il volto dell'Unione Europea è un muro  di ferro e cemento alto tre metri, lungo più di 800 chilometri, pattugliato notte e giorno da mezzi militari pagati anche con fondi di Bruxelles. Ed è così che si presenta oggi il confine lungo l'intera Turchia a chi cerca di sfuggire alle stragi in corso in Siria. Perché l'Europa che ha consacrato la sua fede nei precetti Cristiani dell'accoglienza e dell'umana solidarietà ha finanziato la costruzione di un muro con un paese, quello Turco, che vanta omicidi e assassini per la dura opera di repressione del dissenso dopo il controverso colpo di stato dell'anno scorso. Un muro che blocca l'ingresso di chi fugge dalle fauci aguzzine di un'ennesima dittatura siriana a guida Assad. L'Oriente Mediterraneo vive oramai da lustri e decenni fasi d'instabilità dovute anche ai forti interessi che hanno spinto, e continuano a spingere, le potenze occidentali ad intervenire  militarmente negli scenari di guerra, perché Invece di gestire le crisi, gli Usa hanno mirato a risolverle con la guerra. Questo è soltanto un piccolo spaccato di mondo, che invece vive una forte instabilità e tensioni, derivanti da interessi che logorano costantemente i rapporti tra gli Stati. La Russia, per esempio, che con Putin nel suo discorso di fine anno minaccia una nuova possibile guerra atomica con gli USA, invitando l'Europa a non “squittire” se dovessero rispondere ad un riposizionamento di basi missilistiche americane sul territorio continentale. Oppure il Sud America sempre più in crisi con un Venezuela dissanguato e un Brasile nelle mani di Bolsonaro. Giano invita ad un equilibrio, quel giusto equilibrio che porterebbe a volgere un sincero sguardo avanti e indietro. Un equilibrio che porterebbe a garantire un facile riassestamento delle disuguaglianze, perché il particolare scenario descritto, in parte, va considerato nella misura in cui si tenga conto che le forbici della povertà vanno sempre più aprendosi, con meno ricchi che continuano ad arricchirsi e più poveri che malgrado tutto continuano ad impoverirsi. Il 2019 sarà l'anno europeo, l'anno delle elezioni che più di altre compiute in passato, determineranno significativamente il futuro di un'intera comunità. In un panorama così descritto, scosso da rapporti diplomatici molti instabili, l'Europa può riprendersi il posto di forza equilibratrice che ha perduto negli ultimi decenni. Farlo con una determinazione di fondo, quella di non rinunciare ai propri principi che l'hanno resa frontiera di umanità, accoglienza e libertà, elementi distintivi conquistati da anni e secoli di guerre e lotte fratricide. Se realmente intendiamo difendere i nostri confini europei, dovremmo difendere i nostri principi. L'Europa non è un continente a sé, fa parte di un continente molto più grande che è l'EurAsia, della quale diverrebbe un'umile appendice occidentale, se non ci distinguessimo per quelle convinzioni, per quei fondamenti che condividiamo da oltre settantanni e che c'hanno liberato dalle guerre atroci che hanno caratterizzato l'ultimo secolo. Quindi, difendere si i nostri confini, che non sono territoriali, perché sempre più dovremmo ambire ad allargare, e non restringere, le frontiere europee, perché ciò significherebbe che altri stati, altre nazioni condividerebbero con noi quei convincimenti di libertà, uguaglianza e fraternità, che hanno reso queste terre sacre a Dio.

Ripartire quindi da Giano. Progredire per il benessere di tutti, guardando avanti, senza dimenticarci del nostro passato, e ricordarci che non è quello che hai fatto nella tua vita passata a influenzare il presente, ma è ciò che fai nel presente che redimerà il passato e logicamente cambierà il futuro.

Buon 2019 #Europa!!!

parole di Giangaetano Petrillo

le foto sono tratte dal web