POP-FILOSOFIA: EDUCARE IL PENSIERO ALLA COMPLESSITÀ - Emmetag

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Tommaso Ariemma, ricercatore, filosofo e insegnante di filosofia nei Licei e autore di libri come: La filosofia spiegata con le serie tv (Mondadori) e Filosofia degli anni ’80 (Il Melangolo).


Cosa significa insegnare filosofia ora, e soprattutto al Sud?

      Insegnare filosofia oggi significa educare il pensiero alla complessità e, a scuola, significa soprattutto trascinare i ragazzi in qualcosa di avventuroso: verso i pensieri stessi come le più belle avventure di cui gli uomini possono essere capaci e che danno luogo spesso ad avventure in carne ed ossa. Educare alla complessità significa anche passare per opere complesse: quelle filosofiche, ovviamente, ma oggi possono essere validi compagni di cammino gli oggetti tecnologici e le nuove serie tv, vere e proprie opere d’arte, queste ultime, che provocano sempre di più il pensiero.

Insegnare al Sud è certo speciale: la terra che calpestiamo resta quella calpestata dai primi filosofi come Parmenide, Pitagora, Empedocle, Gorgia e tanti altri. Ma finisce qui: la vocazione della filosofia è il rapporto con ciò che è universale, con ciò che è (e potrebbe trattarsi della stessa cosa) straniero. La filosofia ci ricorda continuamente che c’è sempre dell’altro (da pensare, da vivere, da curare).

I temi che tratti nei tuoi libri coincidono spesso con gli argomenti oggetto delle tue lezioni. Quanto è influenzata la tua ricerca dal rapporto con i giovani studenti ed il loro pensiero?

      Per me il rapporto con gli studenti è fondamentale: se ho sviluppato un amore e un’attenzione maniacale per le serie tv è stato soprattutto per merito dei miei ragazzi. A loro lascio la prima parola, il primo pensiero. In fin dei conti, si dice che i filosofi arrivino sempre tardi sulle cose. Ed è quasi sempre a un giovane che Socrate rivolge le sue curiose domande.

Tu sei uno degli esponenti della cosiddetta “pop filosofia”. Cosa si intende per “pop filosofia” e quale approccio ha sulla contemporaneità?

      Per “pop filosofia” o “filosofia pop” si intende innanzitutto una sensibilità, prima che un approccio ai temi e ai problemi. In fondo, si tratta di avere lo stesso rapporto che la filosofia intrattiene con i giovani, ma stavolta con il proprio tempo, con le cose prossime. I fenomeni “pop”, i fenomeni più intensi della cultura di massa, divengono allora provocazioni per il pensiero, agenti di una mutazione della filosofia stessa che non sta più solo a guardare e a giudicare con categorie precostituite. La filosofia pop è una filosofia che attraversa queste intensità, lasciandosi contaminare da ciò che credeva semplice oggetto del suo pensiero. Già da diversi anni la pop filosofia, in Italia, ha un suo festival dedicato: Popsophia, con migliaia di spettatori ogni anno nelle bellissime città delle Marche. E numerosi sono i suoi esponenti oltre al sottoscritto: Simone Regazzoni, Lucrezia Ercoli, Salvatore Patriarca, Alessandro Alfieri, Cesare Catà, Riccardo Dal Ferro, sono per citarne alcuni.

In La filosofia spiegata con le serie TV (Mondadori) sperimenti un linguaggio diverso, poco esplorato. Puoi raccontarci come si può spiegare così la filosofia e quali serie tv hai analizzato?

      La filosofia spiegata con le serie tv è soprattutto un esperimento con la scrittura. Non è un manuale, e il titolo vuole piuttosto provocare. Ho cercato di raccontare ciò che accadeva in classe, quindi in primo luogo il rapporto con i ragazzi, alle prese con queste nuove e magnetiche narrazioni. Serie tv come Breaking Bad, Black Mirror, Lost, True Detective,The Young Pope, Westworld, Il trono di Spade, Mad Men citavano esplicitamente i filosofi o ponevano questione filosofiche. Non potevamo non approfittare di questa nuova e sorprendente inclinazione della nuova serialità. Esperimenti mentali, spunti a leggere diversamente un filosofo classico. La scuola generava la stessa dipendenza provocata dalla visione delle nuove serie tv.

In Undone, serie tv creata da K. Purdy e R. BobWaksberg, aldilà della sua tecnica di produzione, il rotoscopio, mi interessava il personaggio di Alma, il suo sforzo di  sfuggire a ogni definizione. Cosa ne pensi di questa serie tv? È possibile parlare di identità fluida, svincolata da definizioni, di una esposizione del sé?

      Undone è una serie bellissima, un piccolo capolavoro. Proprio in questi giorni l’ho utilizzata in classe per spiegare Cartesio e la certezza del “cogito”. La vera razionalità è sempre quella che resta in contatto con la follia, con l’indistinzione tra realtà e sogno (come capita alla protagonista Alma). Eppure, anche nel più assoluto disorientamento, c’è la certezza della nostra esistenza, che nella serie, come nelle Meditazioni di Cartesio, non viene (non può essere) messa in discussione. L’identità in questo caso è salda, anche quando tutto è messo in discussione.

Per finire un’ultima domanda, a partire dalle riflessioni di  Jean-Luc Nancy  e di  Jaques Derridasulla coesistenza  e sull’ ”essere singolare plurale”, secondo te è ancora possibile una messa a nudo dell’Occidente?

      Ah, ma questo è proprio il tema del mio ultimo libro, tra qualche settimana in libreria: L’Occidente messo a nudo (Luca Sossella Editore)! Il punto di partenza sarà proprio la nudità, il nostro modo di svelare e svelarci. Forse solo così possiamo capire chi siamo realmente.

Intervista raccolta per Emmetag di Maria Vastola

scatti gentilmente concessi da Tommaso Ariemma, l'immagine di Undone è tratta dal web