LA GIORNATA PER GLI ORGANI STORICI DELL’AREA PARCO: ITINERARI DI STORIA E DI ARTE, RECUPERO DELL’IDENTITÀ - Emmetag

 Giornata Organi Storici 2019

Nella giornata di domenica 29 settembre, la città di Vallo della Lucania ha ospitato un evento di notevole pregio, la “Giornata per gli organi storici dell’Area Parco”, il cui momento culminante è stato il concerto d’organo tenutosi, in serata, nella chiesa cattedrale di San Pantaleone, preceduto da un convegno di approfondimento scientifico dal titolo “Gli organi storici dell’Area Parco. Identità da salvaguardare, risorse da valorizzare”, che ha avuto come sede il Palazzo della Cultura, e che è stato animato da illustri ed esperti relatori, con la moderazione del presidente dell’associazione Genius Loci Cilento, Giuseppe Di Vietri. Al presidente Di Vietri e all’associazione tutta va il nostro plauso e la nostra riconoscenza per avere portato al centro dell’interesse della comunità cilentana, in sinergia col maestro organista e clavicembalista Francesco Cera, la storia dell’arte organaria quale luogo dell’identità del territorio, perciò inestimabile deposito di cultura che, da oggi in avanti, ci auguriamo possa essere maggiormente riconosciuto, studiato, apprezzato, tutelato e propagato al grande pubblico. La produzione organaria di impronta locale è stata una peculiarità della storia artistico-religiosa dell’area cilentana e valdianese, e irradiazioni di essa hanno caratterizzato buona parte del Mezzogiorno d’Italia: due rinomate famiglie rappresentative di questa nobile arte sono state, infatti, i Mangieri di San Rufo e i Carelli di Vallo della Lucania, attive nel secolo XVIII in una macroarea comprensiva di Campania, Basilicata e Puglia.

In particolare, dell’opera dei fratelli Silverio e Francesco Carelli, è un’autorevole e preziosa testimonianza il maiestatico organo grande che campeggia nella cantoria della cattedrale di San Pantaleone, al di sopra del portone centrale. Nella sua elaborata facies architettonica, esso attrae subito l’attenzione ed eleva lo spirito per la sontuosa emanazione di luce dorata dei finissimi intagli a motivi floreali, delle bordature, dei capitelli in ordine corinzio e del fregio che avvolgono la cassa armonica del prospetto a 3 campate, ai cui lati si ergono due prominenti e pregevoli sculture, ieratiche allegorie, rispettivamente, delle virtù teologali della Fede, recante in una mano gli attributi del calice e dell’ostia (sottolineando, in tal mondo, anche l’idea per cui la musica prodotta dall’organo, strumento principe di accompagnamento nell’espletamento della celebrazione eucaristica, è ancilla fidei, in quanto veicolo dell’ineffabilità del mysterium della transustanziazione, fulcro della fede cattolica) e della Speranza, rappresentata con la tipica àncora (simbolo il cui radicamento è nella pagina scritturistica della Lettera agli Ebrei di San Paolo, ove, al capitolo sesto, si legge che nella speranza noi «abbiamo un’àncora sicura e salda per la nostra vita»); un ampio timpano, che conferisce slancio e continua verso l’alto la foggia barocca dell’apparato decorativo, completa la complessa macchina, incorniciato da due angeli tubicini, motivo figurativo tipico dell’escatologia cristiana di matrice apocalittica, recanti trombe che, in termini di funzionalità, assolvono al ruolo di registro d’organo. La possanza e la magnificenza del suono del grande organo Carelli hanno, da sempre, accompagnato e solennizzato le sacre liturgie, rendendo il giusto merito e onore al ruolo che la cattedrale di Vallo riveste, quello cioè di ecclesia mater della diocesi, per questo sede della cattedra episcopale e luogo di venerazione della sacra e preziosa effigie del santo di Nicomedia, Pantaleone, patrono della città di Vallo e dell’intera diocesi. Come ha ben illustrato il dott. Di Vietri durante lo svolgersi del concerto serale, il concorso dei due fratelli Carelli alla realizzazione dell’organo è intimamente connesso con la devozione personale al santo protettore e col senso di appartenenza alla comunità vallese: da iscrizioni vergate sullo stesso strumento, infatti, si legge che l’organo è stato completato nel 1784 e dedicato, il 15 dicembre di quello stesso anno, a «Dio Ottimo Massimo» e al «Divino Pantaleone martire» perché fosse testimonianza «di pietà e di virtù» e perché, per la propria «patria» vallese, fosse «ornamento…della somma arte e perizia»; si puntualizza, altresì, che l’iniziativa di Silverio Carelli di attendere alla fabbricazione dell’opera fu determinata dalla necessità di sciogliere un voto fatto per ottenere da San Pantaleone la guarigione del fratello Francesco da una malattia, sicché, superato il travaglio fisico, avvenne che lo stesso Francesco Carelli cooperò ai lavori di costruzione.

Organo positivo

Da qualche anno, è possibile ammirare, ancora nella cattedrale di Vallo, un meraviglioso organo positivo a 3 campate, riportato al pristino splendore dopo opportuni lavori di restauro, e situato nella parte sinistra del transetto che interseca l’unica navata della chiesa. Esso è opera sempre di Silverio Carelli, ed è posteriore di poco più di vent’anni rispetto all’organo grande, essendo datato al 1805. Questo secondo organo si presenta con una cassa dipinta in un delicato verde acqua che si armonizza finemente con l’impianto neoclassico dell’edificio sacro.

Il concerto ai due organi Carelli ha visto la magistrale esecuzione di un considerevole repertorio di compositori di età barocca da parte del maestro Alessandro Maini. Il maestro Maini vanta un cursus studiorum e un curriculum diplomatico e artistico di rilevante prestigio: console d’Italia in Norvegia, germanista e organista, specializzato in prassi barocca, impegnato in iniziative di divulgazione della musica d’organo italiana prodotta nei secoli XVI-XVIII. Il concerto è stato predisposto in due tempi: il primo tempo ha visto l’esecuzione all’organo positivo Silverio Carelli della Quarta Toccata di Michelangelo Rossi (1602-1656), della Canzona Seconda e della Toccata per l’elevazione (tratta dalla Messa della Domenica della raccolta Fiori musicali del 1635) di Girolamo Frescobaldi (1583-1643), il Ricercare Decimo e la Canzona Seconda di Antonio Cifra (1584-1629); all’organo grande Silverio e Francesco Carelli, invece, sono stati eseguiti, nel secondo tempo, la Toccata prima o Primo campo di fiori musicali di Johann Speth (1664-1719), la Toccata octava di Georg Muffat (1653-1704), la Toccata in Mi di Matthias Weckmann (1616-1674), la Toccata per l’elevazione in Fa del gesuita Domenico Zipoli (1688-1726), la Toccata prima di Johann Kaspar Kerll (1627-1693).

Le interpretazioni dei pezzi di questi insigni compositori della tradizione musicale italiana ed europea hanno rappresentato un momento di estasiante nutrimento dello spirito, destando, almeno in chi scrive, il desiderio che all’organo possa essere definitivamente riconsegnata la dignità che merita, a partire dalle celebrazioni liturgiche. La Chiesa di Roma è stata, nella sua storia, un insigne baluardo di tradizione musicale, di cui l’organo è una significativa parte integrante, insieme al canto gregoriano e al canto polifonico. La musica dell’organo ha contribuito, nel corso dei secoli, a fecondare la fede; essa è intrisa, perciò, di una patente e potente valenza mistagogica poiché perfeziona la disposizione al raccoglimento e alla preghiera, accompagnando il canto comunitario favorisce la partecipazione coerente e ordinata ai riti sacri, aiuta a penetrare, con la sua maestosità e robusta profondità, i misteri della fede cristiana. La constatazione da fare nel tempo odierno è, talora, l’abbassamento del livello di qualità artistica della musica sacra: non di rado, infatti, si assiste, nelle chiese, a strimpellamenti da strapazzo che depauperano, addirittura mortificano, il decoro delle celebrazioni. La costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, promulgata da papa Paolo VI il 4 dicembre 1963 e destinata alla disciplina della liturgia cattolica, al cap. VI, recante il titolo La musica sacra, afferma con solennità la centralità dell’organo; all’art. 120, infatti, leggiamo: «Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti». La prescrizione la troviamo ripresa ad litteram nell’art. 62 del cap. VIII dell’Istruzione Musicam sacram, pubblicata dalla Sacra Congregazione dei Riti il 5 marzo 1967, ove, all’art. 67, si dispone parimenti che «È indispensabile che gli organisti e gli altri musicisti, oltre a possedere un’adeguata perizia nell’usare il loro strumento, conoscano e penetrino intimamente lo spirito della sacra liturgia in modo che, anche dovendo improvvisare, assicurino il decoro della sacra celebrazione, secondo la vera natura delle sue varie parti, e favoriscano la partecipazione dei fedeli». Papa Benedetto XVI, nel discorso di saluto che accompagnò la benedizione del nuovo organo della Alte Kapelle di Regensburg il 13 settembre 2006, ricorse alla significativa immagine, densa di contenuto teologico, dell’unità strutturale e funzionale dell’organo quale metafora dell’unità della Chiesa, eloquente segno della sua spiccata sensibilità musicale e senso estetico coniugati con l’indiscussa autorevolezza del suo magistero filosofico e teologico; egli si espresse con queste parole: «In un organo, le numerose canne e i registri devono formare un'unità…se più canne non sono più ben intonate, allora si hanno delle stonature e la cosa comincia a divenire insopportabile. Anche le canne di quest'organo sono esposte a cambiamenti di temperatura e a fattori di affaticamento. È questa un'immagine della nostra comunità nella Chiesa. Come nell'organo una mano esperta deve sempre di nuovo riportare le disarmonie alla retta consonanza, così dobbiamo anche nella Chiesa, nella varietà dei doni e dei carismi, trovare, mediante la comunione nella fede, sempre di nuovo l'accordo nella lode di Dio e nell'amore fraterno». Il maestro Riccardo Muti ha denunciato, senza mezzi termini, una degradazione del livello della qualità della musica sacra, parlando del «malcostume di suonare canzoncine banali accompagnate da strimpellatori, con testi vuoti di significato e profondità, in luoghi dove allora sarebbe meglio il silenzio per raggiungere un senso di congiungimento col divino», constatando che «molte chiese sono dotate di organi che potrebbero essere suonati da qualsiasi allievo di conservatorio» (vd. Cappelli, Valerio “Nelle chiese canti banali. Si torni alla musica sacra”. Corriere della sera 20/12/2010, p. 43). In tempi piuttosto recenti, ponendosi sullo stesso indirizzo di pensiero, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, eminente biblista e raffinato erudito, ha osservato: «…devo dire che esiste una carenza della proposta musicale di alta qualità. In passato, difatti, la composizione veniva effettuata da tutti i grandi autori, musicisti, che intervenivano. Perché? Perché allora era profondamente unito il rapporto tra arte e fede» (vd. Pellegrini, Luca “Ravasi: musica sacra, di alta qualità se unisce arte e fede”. Radio Vaticana 2/02/2017).

La riproposizione del valore culturale e identitario degli organi storici della nostra terra, allora, possa contribuire non soltanto a rafforzare il senso di appartenenza, ma anche a sensibilizzare la predilezione per l’arte, a ricercare e scoprire nella musica della grande tradizione la manifestazione del bello e della trascendenza. 

parole e scatti di Giovanni Odato - la prima immagine raffigura la locandina dell'evento