PESTE: DA PAROLA PROSCRITTA A PAROLA CONCESSA - Emmetag

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All’epidemia di peste che colpì Verona nel 1630, Alessandro Manzoni dedica un intero capitolo dei Promessi Sposi, il XXXI. All’inizio del contagio non si credeva fosse peste, ma febbre pestilenziale, infatti era proibito anche pronunciare la parola peste. Ma ad un tratto, tutto cambia, bisogna dirlo, la peste c’è e va affrontata. Nel frattempo, tuttavia, il popolo s’è convinto che essa è trasmessa tramite ungenti venefici e pratiche criminali. Le parole, sostiene il Manzoni, spesso, nella storia sono foriere di cambiamenti. Sono, infatti, i parlanti a dar significato alle parole. In epilogo, l’autore ammonisce e compiatisce i lettori: bisognerebbe evitare di stravolgere i significati delle parole, osservando e ragionando le cose del mondo.

“In principio dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo. Poi, febbri pestilenziali: l'idea s'ammette per isbieco in un aggettivo. Poi, non vera peste, vale a dire peste sì, ma in un certo senso; non peste proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome. Finalmente, peste senza dubbio, e senza contrasto: ma già ci s'è attaccata un'altra idea, l'idea del venefizio e del malefizio, la quale altera e confonde l'idea espressa dalla parola che non si può più mandare indietro. Non è, credo, necessario d'esser molto versato nella storia dell'idee e delle parole, per vedere che molte hanno fatto un simil corso. Per grazia del cielo, che non sono molte quelle d'una tal sorte, e d'una tale importanza, e che conquistino la loro evidenza a un tal prezzo, e alle quali si possano attaccare accessòri d'un tal genere. Si potrebbe però, tanto nelle cose piccole, come nelle grandi, evitare, in gran parte, quel corso così lungo e così storto, prendendo il metodo proposto da tanto tempo, d'osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare. Ma parlare, questa cosa così sola, è talmente piú facile di tutte quell'altre insieme, che anche noi, dico noi uomini in generale, siamo un po' da compatire”.

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