RESPIRO DI PRIMAVERA - Emmetag

Una rovinosa caduta in bici ai piedi di San Domenico, per fortuna senza gravi conseguenze, e vari decreti e ordinanze dei Governi dovute alla diffusione del Covid19 nelle patrie lande, mi avevano imposto uno stop forzato di 75 giorni.

In un mattino fresco e appena illuminato dal tepore dell’astro nascente, nel rispetto della normativa vigente, varcai la soglia del confine domiciliare alla volta dei Sacri Monti. Le rosee nuvole si rincorrevano in un leggero galoppo macchiando il grande prato azzurro che sovrasta le vite degli uomini. Sembrava scandissero i pochi minuti disponibili per la sortita solitaria.

Giunto in detto loco fui pervaso dagli aromi di una primavera mai così limpida e profumata: l’odore pungente della ginestra spinosa danzava nell’aria con la fragranza del cisto marino, e il mio petto ne bruciava ad ogni respiro; una leggera brezza spingeva su dal mare l’odore del sale e il dolce suono della pagaia spingeva il gozzo del pescatore nelle baie oltre la Torre.

Il sentiero acciottolato brulicava di vita, stavo attento a non pestare le bocche dei formicai che di tanto in tanto incontravo sui miei passi. Procedevo con passo lento e leggero quasi a non disturbare, più di quanto non stessi già facendo con la mia sola presenza, il risveglio della natura e ogni suo essere vivente, intento ognuno a svolger la sua mansione. Solo qualche rettile strisciava via velocemente nella macchia e le gazze si lanciavano nel vuoto della vallata sottostante.

Percepivo un senso di armonia con l’ambiente che mi circondava, senza quasi accorgermene, giunsi in cima alla collina, dove terminava il sentiero. Qui, in un piazzale di modeste dimensioni, circondata da pini e ginepri, in epoche precedenti vi fu costruita una piccola cappella, rifugio fisico e spirituale per quelle terre, lontane dagli occhi indiscreti della civiltà. Tutto intorno, una lunga catena di monti si allungava oltre l’orizzonte, spezzando la linea che confonde il mare con il cielo.

Scrutando nella fessura sul portone d’ingresso notai poche sedute disposte in parallelo su due file e, dietro l’altare, la statua del Santo, Antonio: teneva seduto su una mano il Bambino, nell’altra un giglio e un dito rivolto verso l’alto, ad indicare il cielo, a ricordarmi che il sole era ormai alto e il tempo per la mia breve uscita era agli sgoccioli. Depositai a Lui le mie preghiere con la promessa di un futuro ritorno.

parole e scatti di Gennaro Chirico