C’É ANCORA CHI INDICA LA LUNA: il Consorzio MeNo

"Meglio Meno!” recita lo slogan del neo consorzio di aziende dell’enogastronomia. Immediatamente siamo stimolati a una riflessione di cui in realtà, sotto sotto, sappiamo già tutto. In poco meno di un secolo siamo passati da un’epoca di scarsità a un’epoca di abbondanza, di ogni cosa: informazioni, tecnologie, relazioni, cibi etc. Il filo conduttore che caratterizza ognuno di questi aspetti è la loro qualità intrinseca. Tutto diventa fast, usa e getta, di media o bassa qualità, debole, svanente… liquido. Per concorrere si bada alla comunicazione, al prezzo, alle mode, all’aumento di produttività e ci siamo abituati sempre meno a pensare alla radice delle cose. Ma siamo arrivati a un punto in cui la sottrazione diventa il nuovo consiglio generico degli esperti: meno carne,  meno grassi, meno Co2, meno plastica, meno antibiotici, meno TV, meno social e quant’altro.

E’ davvero riduttivo pensare alla sottrazione come la soluzione di tutti i mali. In realtà, se non concepiamo la sottrazione come un’arte, si rischia l’effetto opposto. Il consorzio MeNo, in quanto gruppo di persone del calibro di Roberto Rubino, Adriano Gallevi, Federico Infascelli, Giuseppe Messina, Giorgio Sulas e tanti altri che stanno aderendo, è ben avvezzo alla sottrazione come arte e alla concettualizzazione della qualità grazie ai loro trascorsi universitari, scientifici e gestionali. MeNo, infatti, è l’acronimo di Metodo Nobile. Quest’ultimo viene ipotizzato nel 2009 dall’Anfosc, Associazione nazionale formaggi sotto il cielo, il cui presidente è Roberto Rubino, nell’ambito del progetto Nobilat volto a valorizzare la filiera del latte prodotto da animali al pascolo, per il quale sono state svolte numerose ricerche scientifiche per comprendere i principi che determinano la sua qualità. Successivamente è stato redatto il disciplinare di produzione. Grazie a questo progetto per la prima volta in Italia abbiamo assistito alla diffusione nel mercato di una materia prima, considerata una commodity, differenziata in funzione del metodo di produzione piuttosto che della tecnica di trattamento (parzialmente scremato, scremato, UHT etc.). L’approccio è senza precedenti: non è una questione di piccole produzioni, di tradizioni o di ritorno all’antico, perchè anche tutte queste cose possono essere fatte male. Si entra nel merito di come vengano prodotte le materie prime, ponendo al centro il fatto che i tentativi di aumento della produttività tipici dell’industria hanno lo stesso effetto dell’acqua nel vino. Ovvero, c’è un effetto di diluizione degli aromi e delle componenti nutraceutiche. Per non parlare degli effetti negativi di alcune sostanze di sintesi, come i diserbanti chimici, ormai sotto gli occhi di tutti. Il consorzio sta quindi disciplinando in questo senso le varie produzioni alimentari per la selezione delle aziende dell’enogastronomia che possano entrare a far parte di questa famiglia.

“La lunga marcia è appena cominciata”, come sono soliti dire gli ideatori del consorzio MeNo. E tutti noi, convinti sostenitori della gastronomia buona, giusta e pulita, come recita lo slogan di Slow Food, dovremmo attivarci per spianargli la strada.

parole di Francesco Esposito

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